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a cura di Yuri Polverino

Los Angeles è un po' la città dei sogni, delle speranze; quel luogo in cui molte persone arrivano in cerca di fortuna, con l'ambizione di vedere i propri desideri diventare realtà. Chissà se anche i ragazzi di Ubisoft Massive hanno provato la stessa sensazione quando, armati di idee e buone intenzioni, hanno presentato al mondo il loro The Division 2, sequel diretto di una delle produzioni più controverse degli ultimi anni. Le avventure degli Agenti della Divisione in quel di New York è stata una di quelle esperienze videoludiche a due facce: da una parte la bellezza dell'ambientazione e il valore del concept; dall'altra una realizzazione che sul lungo periodo ha mostrato più di qualche difetto.

La bravura del team di sviluppo però è stata quella di tornare sui propri passi e, come vi abbiamo raccontato qualche settimana fa, giocare a The Division oggi è un'attività che consigliamo a chiunque. Rinato dalle proprie ceneri, il titolo di Massive è profondo, ramificato e ben congeniato. The Division 2 arriva dunque seguito da un'orda di aspettative più che lecite: la seconda iterazione del brand deve giovarsi degli errori del passato e partire sin da subito con il piede giusto. Nel corso della conferenza Ubisoft, le sensazioni erano state più che positive; il nostro hands-on le ha confermate, anche se rimangono ancora diverse domande alle quali speriamo di poter dare quanto prima una risposta.

Addio neve, benvenuta Washington D.C.

Abbandonata New York, in The Division 2 la Divisione si recherà nella città madre degli USA per tentare di ristabilire l'ordine. La prima cosa che salta agli occhi è sicuramente l'ambientazione, ora più verdeggiante, quasi primaverile, arricchita dall'uso dell'engine di gioco, lo Snowdrop, che i ragazzi del team di sviluppo hanno evidentemente migliorato, realizzando così un quadro che nel complesso risulta nettamente più bello, d'impatto e fluido. La demo ci chiedeva di mettere in sicurezza un "punto di controllo", organizzando un attacco ben congeniato, con l'obbiettivo di debellare le forze nemiche. Nonostante la build non ci abbia permesso di dare un'occhiata al menù interno, la prima novità di The Division 2 ci viene raccontata dai ragazzi di Massive: una volta raggiunto il livello 30, la parte iniziale dell'end-game ci chiederà di scegliere una specializzazione, che ci permetterà di ricevere in dotazione un'arma unica, unita ad una particolare abilità. Le opzioni sono il Survivalist, dotato di una potentissima balestra, il Demolitionist, equipaggiato con un lanciagranate arrogante e distruttivo, e lo Sharpshooter, che porta con se un fucile di alto calibro, perfetto per uccidere bersagli particolarmente resistenti dalla lunga distanza.

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Le abilità invece ricadono in equipaggiamenti prettamente votati al supporto, o comunque complementari e mai di grande impatto all'interno dello scontro a fuoco. Abbiamo per esempio un drone che può essere scagliato contro un determinato bersaglio, oppure uno strumento tattico che può essere usato per rilasciare gas letali e infiammabili, piuttosto che sguinzagliare un piccolo esercito di piccoli robot riparatori. Nel corso della nostra prova queste nuove skill ci hanno lasciato un'impressione più che positiva, aiutate da un gameplay che ha leggermente ridotto il time to kill in favore di un approccio ancora più tattico ma non intasato da una componente ruolistica opprimente, basata su calcoli inerenti al danno percentuale o cose di questo tipo.

Certo, la ricerca e la gestione dell'equipaggiamento sarà sempre uno degli aspetti più importanti della produzione, ma il team di sviluppo ci ha assicurato che con The Division 2 lo scopo è quello di migliorare l'anima del primo capitolo, senza però precludere ad una nuova fetta d'utenza l'ingresso in quest'interessante mondo di gioco. Anzi, sembra proprio che la volontà sia quella di raccogliere quanti più nuovi giocatori possibili, presentando il prodotto come una naturale evoluzione del primo capitolo, in grado però di strizzare l'occhio anche ai neofiti, incarnando di fatto un ottimo entry point. Il gunplay peraltro ci è sembrato sempre fedele a quella che è l'offerta della produzione, un tps tattico e ragionato, caratterizzato da un universo condiviso e da un senso di progressione che deve essere costante e calibrato. Ogni missione deve essere impegnativa, pianificata e giocata -possibilmente- in compagnia di altri giocatori.

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Infine, la breve quest si è conclusa proponendo una nuova interessante meccanica: dopo aver preso possesso del posto di controllo, abbiamo chiamato un piccolo gruppo di rinforzi locali per aiutarci a fronteggiare l'ultima armata di nemici. In questo caso il teamwork è diventato davvero fondamentale, combinando infatti le diverse abilità degli specialisti e gestendo con oculatezza le munizioni delle armi speciali (il drop rate delle munizioni è piuttosto basso) abbiamo sconfitto i nemici di alto grado e portato a casa il loot. Il senso di appagamento nel terminare queste piccole missioni con tattiche studiate e condivise è sempre alto, segno del fatto che The Division gode ancora di grandi potenzialità che a quanto pare verranno finalmente sfruttate al massimo in questo secondo capitolo.

In attesa di scoprire di più su progressione, campagna e soprattutto raid, possiamo dire che il primo, vero contatto con The Division 2 è stato ampiamente positivo, divertente e soddisfacente. Nel prossimo futuro, Massive condividerà altre informazioni utili a farci un'idea più completa del posto che la produzione potrà ritagliarsi nella gara dei world-shared shooter che vede coinvolti anche Destiny 2 e Anthem. L'impressione è quella che l'ip Ubisoft abbia ancora diverse carte utili nel proprio mazzo e che le stia rivelando piano piano, senza fretta, proprio come un Agente della Divisione pianifica la sua strategia in battaglia.


Tom's Consiglia

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